Trump ed Eni: via libera alle trivellazioni nell’Artico

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L’italiana Eni riprenderà le trivellazioni alla ricerca di combustibili fossili nell’Oceano Artico, al largo dell’Alaska, con la benedizione di Donald Trump. Un clamoroso balzo indietro ed una minaccia ambientale per la fauna, le comunità locali ed il mondo intero.

La celebre compagnia petrolifera italiana Eni, Ente nazionale idrocarburi, è stata scelta dal governo di Washington per riprendere le esplorazioni alla ricerca di possibili combustibili fossili nelle acque dell’Oceano Artico, nel territorio dell’Alaska. Si tratta di una delle aree più a rischio a livello ambientale, in caso di un eventuale incidente.

L’incubo di una nuova Exxon Valdez

Molti ancora ricordano il terribile disastro occorso il 24 marzo del 1989, quando le acque dell’Alaska vennero contaminate a causa del naufragio di una petroliera. Exxon Valdez, questo il suo nome, colò a picco sul mare riversando 42 milioni di litri di petrolio greggio causando una delle peggiori catastrofi ambientali a memoria d’uomo. Il greggio uccise infatti numerosi animali marini fra cui migliaia di balene e oltre 250 mila volatili.

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Il potenziale problema però non preoccupa affatto il presidente degli Stati Uniti Donald Trump che, anzi, ha concesso nuovamente le autorizzazioni. L’avvio del progetto è stato annunciato lo scorso 28 novembre al Bureau of Safety and Environmental Enforcement, dopo la prima approvazione ricevuta lo scorso luglio.

I primi lavori previsti entro un mese

L’autorizzazione sulle esplorazioni interessa il mare di Beaufort, a Nord delle coste dell’Alaska, dove si trova la piattaforma Spy Island, una sorta di “isola” artificiale a 4,8 km di distanza dalla terraferma. Secondo le notizie trasmesse dall’agenzia di stampa internazionale Associated Press, Eni impiegherà delle tecniche di trivellazione estesa con lo scopo di raggiungere il fondale marino. Le prime ricognizioni dovrebbero iniziare entro un mese.

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La clamorosa svolta degli Usa ai danni dell’ambiente

Si tratta di una svolta clamorosa per gli Stati Uniti, ma soprattutto per l’Alaska e l’Oceano Artico: nel 2015, infatti, l’ex presidente Barack Obama aveva messo le trivellazioni al bando. Lo scorso aprile, però, Trump ha ordinato a Ryan Zinke, Ministro degli Interni di rivedere la normativa, con lo scopo di autorizzare nuove esplorazioni in alto mare. Tutto questo nonostante le proteste della popolazione indigena e delle associazioni ambientaliste.

L’avvocato del Center for Biological Diversity Kristen Monsell ha accusato duramente l’amministrazione Washington che a sua detta “pone rischi altissimi alle comunità che abitano sulle coste e alla fauna consentendo alle compagnie straniere di trivellare nelle acque dell’Alaska”. Senza trascurare il fatto che, anche se non dovessero verificarsi incidenti, puntare sul petrolio significa fare i conti con la crisi climatica e peggiorare la situazione.

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Mentre, da un lato, il resto del mondo si sforza per trovare un modo per ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera, con migliaia di delegati che prendono parte a vertici sul clima e milioni di persone si muovono verso energie pulite, sostenibili e rinnovabili, gli Stati Uniti fanno un balzo indietro, verso il passato. In compagnia di un colosso petrolifero italiano.

Il Team di BreakNotizie