La strage di Parigi e gli equilibri in Medio Oriente: tipico caso di ‘false flag’ oppure no?

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Parigi 13 novembre come 11 settembre a New York

Gli attacchi terroristici che hanno colpito Parigi lo scorso 13 novembre portano all’attenzione generale un tema spesso sottovalutato. All’indomani degli attentati, molti hanno cominciato a chiedersi se si sia trattato o meno di quelli che, nel gergo dell’intelligence, vengono chiamati ‘false flag’. Le operazioni ‘sotto falsa bandiera’ sono infatti quelle condotte per far apparire un evento come l’esito dell’azione di un’altra organizzazione, magari ‘firmandola’ in modo da darle un alone di credibilità. È questo il caso dei fatti di Parigi o si tratta di ipotesi complottiste?

Negli ultimi giorni, è stato sottolineato anche su alcuni organi di stampa nostrani come i media francesi avessero, in un certo senso, preconizzato i luttuosi eventi del 13 novembre. ‘Le Nouvel Observateur’ e ‘Paris Match’ avevano parlato, in tempi non sospetti, di un ’11 settembre alla francese’ a proposito della possibilità che il Paese transalpino potesse essere al centro di attentati di matrice jihadista.

Secondo coloro che credono a una regia occulta dietro le azioni dei terroristi dell’ISIS in Europa, la strage di Parigi sarebbe un ‘false flag’ perché aiuterebbe a giustificare una nuova ‘guerra globale al terrorismo’. I bombardamenti da parte dei caccia francesi in Siria sarebbero quindi il primo atto di una strategia preparata da tempo e che, come nel 2001 a seguito degli attentati alle Twin Towers, porterà a una escalation di violenza. La sinergia di vecchia data tra il presidente François Hollande e l’amministrazione guidata da Barack Obama, unita a degli aspetti ancora oscuri circa l’azione portata a termine dal commando di jihadisti nella capitale francese, getta una luce sinistra sull’accaduto e rinfocola la dietrologia complottista.

D’altro canto, potrebbe anche darsi che la suddetta escalation non avrà luogo e che l’interventismo russo e francese in Siria non riceverà l’appoggio degli altri Paesi occidentali. Insomma, i raid aerei su Raqqa rimarranno solo una ‘reazione di pancia’ agli ultimi attacchi terroristi oltre che una mossa necessaria a ristabilire l’autorità di un Paese che, per la seconda volta in meno di un anno, è finito nel mirino del califfato islamico? Al di là delle dichiarazioni di facciata, la tesi del ‘false flag’ verrebbe smontata da una strategia a lungo termine che eviti di trasformare la Siria in un ‘nuovo Afghanistan’. In questo modo si dissolverebbero i dubbi di chi pensa che questa ondata di terrore sarà sfruttata per ‘giustificare’ un nuovo conflitto in Medio Oriente, mosso da interessi geopolitici ed economici quali la marginalizzazione della Russia in quell’area e il complicato intreccio riguardante le risorse petrolifere.

Non va dimenticato inoltre che, come nel caso di Al Qaeda, molti terroristi sono stati addestrati e armati in Europa per affiancare alcune cause quali, ad esempio, l’opposizione al regime di Bashar al-Assad dei ribelli siriani. Se gli Stati Uniti e i Paesi europei smetteranno di foraggiare quei terroristi che spesso poi confluiscono nelle file delle milizie estremiste islamiche, verrà posta fine anche a quella sgradevole zona d’ombra che avvolge fatti di sangue come la strage presso la sede di ‘Charlie Hebdo’ o il massacro nella sala concerti del ‘Bataclan’. Tragedie che scuotono l’opinione pubblica ma che proprio da questa sono state ampiamente profetizzate.

Il Team di BreakNotizie