In Italia un negozio all’ora è costretto a chiudere per colpa delle tasse

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La liberalizzazione selvaggia, la burocrazia e le troppe tasse hanno messo in ginocchio il mondo dei piccoli commercianti.

In un futuro non lontano spariranno del tutto le piccole realtà commerciali come botteghe e drogherie di quartiere ed esercizi commerciali a conduzione familiare. Addio quindi a ciò che per oltre 70 anni ha costituito la tradizione provinciale italiana nonché la vera ossatura dell’attività economica nazionale. La causa? Non tanto la grande distribuzione e il commercio online, benché si stiano imponendo anche nel resto d’Europa con una concorrenza spietata, ma soprattutto le tasse, che stanno mettendo in ginocchio i piccoli commercianti.

Un negozio ogni ora è costretto ad abbassare le serrande per sempre

Non è mistero: sulle piccole attività commerciali gravano quelle che sono le tasse fra le più alte in Europa. Non solo, anche il carico burocratico fa la sua parte: per aprire una nuova attività commerciale in Italia servono almeno 4 passaggi burocratici diversi interagendo con tre enti diversi; in altri Paesi europei come Olanda, Austria o Belgio invece è sufficiente un solo permesso. A questo si aggiungono i vari adempimenti previdenziali e fiscali, oltre che l’assunzione di un buon commercialista. Inutile dire che le complicazioni burocratiche favoriscono il proliferare della grande distribuzione organizzata (grandi catene di negozi, centri commerciali) e affossano i piccoli imprenditori che si vedono costretti ad aumentare i prezzi, rendendosi meno competitivi.

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Le realtà commerciali più colpite da questa “strage” sono i negozi tradizionali, in particolare del settore alimentare e dell’abbigliamento. Nel 2019, in media, è stato chiuso definitivamente un negozio all’ora. Questo anche a causa della liberalizzazione degli orari di apertura delle attività, fattore che ha ulteriormente agevolato i grandi poli commerciali.

Calo drastico delle vendite al dettaglio

In base ai dati Istat più recenti, è il terzo anno consecutivo che i negozi italiani chiudono in perdita. Nel 2019, infatti, si è registrato una flessione delle vendite del -0,7% da parte delle piccole realtà imprenditoriali; numero in controtendenza con la variazione media positiva del 0,8% del totale delle vendite al dettaglio. Questi dati allarmanti confermano ulteriormente il grave stato di difficoltà in cui versano i piccoli commercianti e del bisogno di un intervento a loro sostegno. A questo scopo, la presidentessa di Confesercenti Patrizia De Luise ha reso noto al Premier Conte la critica situazione vissuta dalle piccole imprese del commercio.

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[Credits Photo: Annie Spratt]

Un aiuto dal Governo per salvaguardare il commercio di vicinato?

Abbiamo chiesto al Presidente del Consiglio di affrontare i nodi che compromettono gravemente questa parte fondamentale del tessuto imprenditoriale italiano, a partire dal fisco e dal credito”, ha dichiarato De Luise. “Al contempo abbiamo sottolineato la necessità di un progetto che rilanci il settore e riconosca l’importante ruolo economico e sociale che la rete dei piccoli negozi (la più grande rete d’Italia) svolge sul territorio, in modo particolare nei borghi e nei centri urbani minori”. Come sottolineato dalla Presidentessa, senza dei provvedimenti incisivi il “commercio di vicinato” non potrà uscire da questa crisi strutturale. Procedendo di questo passo, infatti, migliaia di altre attività sono condannate a chiudere per sempre, accelerando la desertificazione commerciale delle città e dei paesi, con una perdita conseguente di posti di lavoro, di servizi per cittadini ma anche di patrimonio e identità culturale.

Il Team di BreakNotizie

 

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