Il Coronavirus sta mettendo a rischio la libertà di stampa

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La nuova relazione compilata da Reporter senza frontiere parla chiaro: la crisi generale messa in moto dal covid-19 sta aumentando le pressioni sulla libertà di stampa, specialmente in alcune nazioni.

Lo scorso 3 maggio era la Giornata mondiale della libertà di stampa, un’occasione per fare il punto della situazione riguardo la libertà e il diritto di cronaca e informazione in tutto il mondo. In tale occasione, ogni anno, l’organizzazione no profit Reporter senza frontiere pubblica il World Press Freedom Index, una relazione che riporta la classifica delle nazioni più virtuose e non.

Il ventennio difficile della libertà di stampa: quali sono gli ostacoli?

Stiamo entrando in un decennio decisivo per il giornalismo. Anche a causa della crisi del coronavirus”, ha dichiarato Christophe Deloire, segretario generale di RsF. Questa edizione del report infatti suggerisce che, a causa di una serie di crisi convergenti, questo ventennio sarà cruciale per la libertà di stampa. Libertà minacciata su più fronti: quello geopolitico, ad opera dei regimi autoritari con azioni violente contro i giornalisti; quello digitale, dove il caos delle informazioni sul Web causato da una regolamentazione inadeguata ha finito col mettere in diretta concorrenza giornalismo, pubblicità e propaganda; infine quello economico, dovuto alla crisi, che ha inciso pesantemente sul giornalismo di qualità.

A questa già grave situazione si è aggiunta, in questi ultimi mesi, l’emergenza sanitaria mondiale data dal covid-19, e come ha osservato Deloire, “alcuni aspetti della pandemia stanno minacciando il diritto delle persone di avere a disposizione informazioni affidabili”.

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Photo by Roman Kraft on Unsplash

Coronavirus: una scusa per limitare ulteriormente la libertà di stampa?

Molte nazioni hanno censurato (e continuano a farlo) le informazioni sul coronavirus. Due esempi fra tutti, secondo RsF, la Cina e l’Iran, rispettivamente al 177esimo e 173esimo posto per libertà di stampa, che hanno optato per la “gestione” delle informazioni riguardo i loro principali focolai di epidemia. Sulla stessa linea d’onda anche l’Iraq, al 162esimo posto, dove le autorità hanno revocato alla Reuters la licenza per tre mesi. Il motivo? La celebre agenzia di stampa aveva pubblicato un articolo dove si metteva in dubbio la veridicità dei dati ufficiali sui contagi forniti alla popolazione.

L’emergenza sanitaria è stata sfruttata dai governi autoritari (ma non solo) per mettere in atto quella che Rsf definisce “dottrina dello shock”. È una strategia di forza che si serve del disorientamento dei cittadini per imporre delle misure inaccettabili e impossibili da attuare in tempi normali. Una delle tipiche espressioni di questa “dottrina” è impedire ai giornalisti di esercitare il proprio lavoro. In difesa del lavoro dei reporter durante la pandemia è intervenuto recentemente Moez Chakchouk, vicedirettore generale della divisione Comunicazione & Informazione dell’Unesco.  “I Paesi dovrebbero porre i giornalisti in condizioni di poter lavorare sulla crisi sanitaria e le implicazioni sociali che essa comporta senza correre rischi, in conformità con le norme internazionali sulla libertà di espressione”, ha sottolineato il dirigente.

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Photo by Tedward Quinn on Unsplash

World Press Freedom Index: la classifica

Osservando la classifica di Reporter senza frontiere si nota il primato dei Paesi scandinavi: la Norvegia conferma il suo primo posto per il quarto anno di seguito, a cui segue Finlandia e Danimarca. Pochi cambiamenti significativi anche a fondo classifica. Ad aggiudicarsi l’ultimo posto per libertà di stampa quest’anno, senza troppe sorprese, è la Corea del Nord; al penultimo troviamo il Turkmenistan e al terzultimo l’Eritrea. Secondo RsF il livello di libertà dei media nel mondo è migliorato del 0,9% rispetto al 2019. Nella media, però, pesano ancora gravi realtà come quella messicana (Paese al 143esimo posto in classifica) in cui sono stati uccisi oltre 140 giornalisti dal 2000 e si continuano a perpetrare azioni violente, minacce e tentativi di corruzione nei loro confronti. Il tutto, nella maggior parte dei casi, in un clima di terrore e omertà.

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L’indice della libertà di stampa 2020: in bianco i Paesi più virtuosi, in nero quelli con l’indice più basso.
[Mappa di Reporter senza frontiere]

Troppe persone muoiono ancora per la libertà di informazione

La libera informazione apre la strada a tutte le altre libertà, eppure nel mondo solo il 50% della popolazione può usufruirne. Dal rapporto di RsF, l’Europa sembra essere ancora il continente in cui i mestieri legati all’informazione sono ancora tutelati, ma non mancano le eccezioni. Non dimentichiamo Malta, all’81esimo posto, dove la giornalista e blogger Daphne Caruana Galizia è stata uccisa nel 2017 per aver denunciato il sistema di riciclaggio di denaro sporco dei traffici transnazionali delle mafie. Pensiamo inoltre alla Slovacchia (33esimo posto), dove nel 2018 è stato assassinato il giornalista Ján Kuciak per aver condotto delle inchieste in cui aveva scoperto le infiltrazioni della ‘ndrangheta e i suoi interessi legati ai fondi europei per l’agricoltura.

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I resti della Peugeot 108 di Daphne Caruana Galizia dopo l’esplosione della bomba che ne causò la morte.

La libertà di stampa in Italia

Il nostro Paese sale dalla 43esima alla 41esima posizione quest’anno. Non si tratta però di un dato di cui gioire troppo dal momento che, come sottolinea il report di RsF, più di 20 giornalisti italiani sono costretti a vivere sotto scorta per via delle minacce ricevute. Non dimentichiamo, inoltre, alcuni casi di attacchi diretti verso chi fa informazione. Lo scorso novembre, ad esempio, il giornalista Mario De Michele stava per essere ammazzato da un attentato di matrice camorristica per aver condotto un’inchiesta. Non si contano, inoltre, i casi di violenza verbale e fisica da parte di gruppi dell’ala neofascista nei confronti dei giornalisti. Come illustra il rapporto di RsF, gli episodi di violenza verso i giornalisti italiani sono aumentati, soprattutto nel sud Italia e a Roma. D’altra parte, invece, i politici sarebbero “meno aggressivi rispetto al passato verso gli organi di stampa”.

Il Team di BreakNotizie

 

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